Blog CALATANIXECTA SERVANDA EST
(Caltanissetta deve essere salvata)
Blog CALATANIXECTA SERVANDA EST
(Caltanissetta deve essere salvata)
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Cappella della Sacra Famiglia a Xiboli
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La Storia della Cappella
e...
la sua
decadenza
fino all'abbandono
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Un po' di Storia...
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Di Giuseppe Saggio
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Le foto sono di Giuseppe Castelli, le cartoline sono tratte dalla mia collezione.
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La cappella dedicata alla Sacra Famiglia, si trova in via Ziboli, all’altezza del
civico 226, part. ? del foglio 93. Le dimensioni sono d circai m. 3 x 3, si trova all’interno del vincolo paesaggistico della Media Valle del Salso o Imera Meridionale, ufficializzato con D.A.
n. 7732 del 09.10.1995, pubblicato sulla G.U.R.S. n. 61 del 25.11.95, e sottoposta a Vincolo di interesse
etno-antropologico, ai sensi della L. 1089/39 con D.A. 5096 del 18/01/96, assieme alle altre 4 cappelle che si trovano lungo la via Ziboli che costituivano il percorso dei minatori.
Sebbene vincolata, come detto, la cappella è stata lasciata nel più assoluto abbandono tanto che tratti della volta, a causa delle infiltrazioni d'acqua, prima la parte verso la facciata è crollata, ora si è staccata dalla parete di fondo.
Tutto questo sotto l'assoluta indifferenza degli Enti preposti, dei proprietari, e dei cittadini.
Più e più volte segnalata, alle autorità competenti anche ai politici, la scusa addotta è che non si chi sa chi sia il legittimo proprietario, allora... la facciamo crollare? e poi piangiamo lacrime di coccodrillo!!! Questo atteggiamento ha portato, se è vero (?), a che si asportassero l'intero pavimento maiolicato.
Se è così nessuno si è accorto che qualcuno stava smontando un pavimento? Per smontare un pavimento si fa rumore, come è possibile che nessuno abbia sentito?
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La Facciata
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In origine era una costruzione isolata
prospiciente la strada, come si evince dal rilievo visuale della via Ziboli del
1887 dall’Ingegnere di Finanza Dal Lago
Carlo;
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particolare rilievo visuale della via Ziboli del 1887 dall’Ingegnere di Finanza Dal Lago Carlo; |
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dicitura e firma del rilievo visuale della via Ziboli del 1887 dall’Ingegnere di Finanza Dal Lago Carlo;
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Con il tetto ad unica falda verso la facciata, che sicuramente nel secolo scorso XIX è
stata rifatta dandogli la caratteristica di chiesa concludendola con un muretto
d’attico a forma di timpano triangolare che nasconde la gronda della falda del
tetto che scarica-va nell’angolo dx. con la tradizionale “canalata”.
Facciata cappelletta Sacra Famiglia in via Xiboli, visibile il degrado cui versa. |
La facciata è contornata da rifasci
ringrossati ad intonaco bianco che segnano tutto il perimetro e definisce il timpano e il portale
con arco a tutto sesto. Il colori usati sono il bianco per i rifasci e il rosso
pompeiano per i fondi, colore questo che indica e rappresenta la santità e la
gloria dello Spirito Santo,..
Oggi in completo stato di abbandono,
dopo essere stata “fagocitata”, tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, dalle costruzioni accanto, fasi chiaramente visibili,
fino ad inglobarla completamente.
Da quello che mi è dato sapere, la proprietà è sempre stata conflittuale, considerato che detta cappella, non sembra avere una particella catastale autonoma, ma risulta graffata con la strada, pertanto di proprietà pubblica, anche se da sempre, è stata gestita dai proprietari delle costruzioni vicine.
Dopo essere stata fino alla prima meta del XX sec, uno dei 5 punti di riferimento dei minatori che si recavano a lavorare nelle miniere, e dopo semplice posto di preghiera della comunità vicina e degli operai e clienti del quartararo e del trappito (frantoio) della famiglia Cortese, che ne curavano la manutenzione e la gestione.

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cappellette lungo la via Xiboli:
1 Cappella delle Anime
del Purgatorio, in dialetto: L’armi o priatò Verso la fine dell’800 venne trasformata in una cappella da servire come anima
ardente per gli sciagurati che morivano nelle miniere. Fino al 1983 resistettero i vasi acroteri in ceramica verde abbattuti dal vento.
2 Cappella
dedicata alla Madonna dei Peccatori col Bambino o del Perdono, È
ricavata in una grotta prospiciente la via a cui è stata attaccata, nella parte
esterna, un prospetto molto semplice realizzato con blocchi squadrati, l’ingresso ad arco con ai lati incise due
piccole croci,
3 Cappella detta di S. Michiluzzo di Pirreri. .
Si trova vicino alle miniere.Nei primi anni del secolo
vi si celebrava ancora la festa, allietata dal suono del tamburo tipico di
tutte le nostre feste popolari, del tempo passato
:
La storia della Cappelletta dedicata alla Sacra Famiglia, lungo
la via Xiboli. contariamente alla tradizione che la vuole del XVIII secolo, affonda
le sue radici nel medio evo, individuando nelle grotte e nelle sottostanti abitazioni nel "Casale Montis Sanctis Spiriti de Calathanaxecta diocesis agrigentinae paga per XII case habili e nel 1376 risultano ancora 12 fuochi mentre
Caltanissetta ne ha già 660.come si rileva dallo scritto di Salvina Fiorilla: nel suo “SANTO SPIRITO
TRA LATIFONDO E ABBAZIA:
“ Secondo alcuni studiosi il territorio di
Caltanissetta in epoca tardo antica faceva parte di un grande latifondo abitato
da più nuclei di popolazione. Uno di questi nuclei doveva essere quello di
contrada S. Spirito, esso a differenza di altri potrebbe avere avuto una certa
continuità di vita nel tempo. Al riguardo si può concordare con gli studiosi
che hanno considerato come indizi dell’esistenza di un abitato in contrada S.
Spirito l’urna cineraria del I sec. d.C. dedicata a Tito Flavio Augusto
Diadumeno da parte della figlia Vittorina, ritrovata nell’area circostante
l’abbazia e attualmente conservata nella chiesa e il busto marmoreo fratello di
Caracalla, ritrovato al piano della Clesia a pchi km da S. Spirito. È stato
ipotizzato inoltre che in età romana la contrada facesse parte di una grande
proprietà forse dei Petilii o dell’imperatore, proprietà che nel tempo potrebbe
essere stata sostituita da una massa legata alla chiesa. Il bollo PHILIPPIANI
ritovato al Piano della Clesia ed attestato anche a Geracello nell’ennese
potrebbe contribuire a confermare l’esistenza di un latifondo di grandi
dimensioni entro il quale circolavano i laterizzi contrassegnati dal bollo
citato. Certamente le fasi romana e tardo antica meriterebbero ulteriori
approfondimenti ed è auspicabile che nuovi dati possono venire dalle ricerche
condotte in anni recenti dalla soprintendenza di Caltanissetta.
Non è ancora chiaro
sulla base dei dati noti come e in che misura l’abitato di contrada S. Spirito
sia giunto fino all’età musulmana ma e certo che in epoca normanna nell’area esisteva un casale che i sovrani sottoposero al controllo dell’abbazia di S.
Spirito. (...)
Si può ritenere che già
qualche anno dopo la “Ecclesia Sancti
Spiritus iuxta Calatanixectam in dyocesi agrigentina cun suo casale et
ominibus” sia stata concessa all’abbazia di Monte Sion di Gerusalemme, se è
vero che essa compare in un documento del 1179, tra i beni che papa Alessandro
III conferma all’abbazia di Monte Sion di Gerusalemme stabilendo che quedam
animalia ipsius Ecclesie libera habeant pascua, aquarum potationes per totum
tenimentum Calatanixecte predicte et cum omni iure parochali et integris
decimis parochialorum. (Rocco
Pirri 1733, II, pp. 1336-1337; White 1938, p. 360; Collura 1960, n.33, p. 82). Nel documento la
chiesa è posta in primo piano e gode dei diritti di pascolo su tutto il
territorio e dei diritti parrocchiali, il casale invece è considerato
escusivamente come un elemento economico annesso anche se pare essere un
abitato indipendente da quello di Caltanissetta. Sembrerebbe quindi che l’attenzione
sia concentrata sull’importanza della chiesa.
La chiesa di S. Spirito
manterrà i diritti parrocchiali fino al 1255 quando, ad opera di Federico II,
le sue decime passaranno a S. Maria degli Angeli, la chiesa sorta, qualche anno
prima, in prossimità del castello e divenuta parrocchia, ma continuerà a
riscuotere le decime sul territorio quanto meno fino al 1282, quando Re Pietro
da poco insediatosi in Sicilia ordina a Bernardo de Ferro, regio giustiziere
nel val di Girgenti, di proteggere contro qualsiasi molestia frate Stefano
priore e procuratore della chiesa di S. Spirito di Caltanissetta nella
percezione dei proventi della chiesa esistenti nel territorio. La comunità di
S. Spirito è menzionata, invece nello stesso periodo, in un documento con il
quale il re condona le esazioni delle collette dei sussidi e dei diritti di
masseria, marmeria e legnami che si dovevano alla curia e raccomanda ai sindaci
di versare la somma dovuta con urgenza alle comunità di S. Spirito e Darfudi
(un altro casale nel territorio) come a quelle di “Delia, Caltanissetta,
Licata, Modica e Comicchio”. Ancora agli inizi del ‘300, nel pagamento delle
decime ai Collettori papali, l’abbate di Monte Sion de Jerusalem solvit pro ecclesia S.Spiriti once V, tarì XXI, grana
VIII ossia poco meno di quanto versa il presbiter
Johannes per la chiesa di S. Maria (S. Maria degli Angeli) che è ormai
parrocchiale; evidentemente le due chiese hanno rendite simili. Più tardi nel
1366 il casale Montis Sanctis Spiriti de
Calathanaxecta diocesis agrigentinae paga per XII case habili e nel 1376
risultano ancora 12 fuochi mentre Caltanissetta ne ha già 660. Considerando la
vistosa differenza nel numero dei fuochi, ossia dei nuclei familiari paganti,
pare evidente che S. Spirito paga per il patrimonio di cui dispone. Fa
riflettere poi il fato che nel documento del 1366 viene introdotta, per la
prima volta, l’espressione casale Montis
S. Spiritus che può essere interpretata in due modi; potrebbe riprendere e
duplicare il concetto di Monte Sion con Montis S. Spiritus, oppure potrebbe far
riferimento ad un abitato, sito in posizione elevata, che in questo punto non
sarebbe più contiguo all’abbazia ma ubicato nei dintorni. Se così fosse,
avremmo la prima indicazione certa dell’ubicazione del casale nel ‘300. (...)
Cappella e ex case Cortese |
Sicuramente l'Università, fece costruire un’edicola votiva dedicata alla Sacra Famiglia proprio
nel luogo in cui oggi si trova. In quegli anni il contado di Xiboli, Scopatore,
Stammedda ecc., così chiamati rispettivamente dal latino ex polis (fuori città), ex moenia ( fuori le mura), era una via di passaggio per molti viaggiatori, ma per
l’assetto del territorio era un luogo che banditi e malviventi privilegiavano
per depredare quanti l’attraversavano.
Per tale motivo si era diffusa la fama
che Xiboli fosse un luogo malfamato, tanto che nel luogo della Stammedda, fino all'inizio del XX sec. era divenuta discarica pubblica dove scaraventare le carcasse degli animali morti.
Forse fu per questo che per porre fine a tale nomea l'Università fece costruire la cappella e fece collocare un dipinto su ardesia
della Sacra Famiglia, perché la borgata fosse protetta. Da quel momento la tradizione ci ha tramandato fatti
prodigiosi e una grande diffusione della devozione alla Sacra Famiglia. Tanti
erano i devoti che sostavano dinanzi all’edicola votiva per pregare e che vi si
recavano in pellegrinaggio. Questi fatti fecero
accrescere la devozione alla Sacra Famiglia, tanto che si dovette trasformare
la piccola edicola in una cappella capace di accogliere i pellegrini e i residenti. Era inoltre luogo di devozioni dei minatori che vi si fermavano a pregare perchè la Sacra Famiglia custodisse la loro.
Interno della cappella , dove è visibile il degrado e l'abbandono. oggi la volta è distaccata e quasi crollata |
La pianta della cappella è di forma pressoché quadrata di circa m.
3,50 di lato con un’altezza di circa m. 3,00 con volta a botte, leggermente
schiacciata.
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Il Pavimento
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Pavimento in maiolica raffigurante un'aquila con lo stemma della Città, forse trafugato. |
Trascrivo una mia relazione che ho preparato quando svolgevo servizio presso il Museo della Ceramica di Caltagirone:
"Il pavimento della chiesetta della Sacra Famiglia in via Xiboli a Caltanissetta, ormai semidiruta
ed abbandonata, che, se non
per la sua unicità, per le sue particolari caratteristiche merita di essere
conosciuto.
Rilievo visuale della via Ziboli del 1887 dove sono segnati tutti gli stazzoni |
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Interno di un laboratorio per le stoviglie |

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Immagini diverse di stazzoni di stovigliai e cretai |
A questi
però, si dovrebbero aggiungere i sarti, i quali, anni addietro, non si sa per
qual causa, non vollero più far parte della Maestranza. Il loro posto, però fu
occupato da' tegolai, i quali, volendo costituire una compagnia a sè, si
divisero dai cretai.”... (Il
Giovedì Santo in Caltanissetta Usi, Costumi, Tradizioni e Leggende Raccolti
Descritti ed Illustrati da Michele Alesso - Caltanissetta 1903).
I cretai critara- pignatara avevano come santo protettore S Francesco di Paola ed avevano il proprio oratorio nella chiesa del santo (oggi impropriamente chiamata S. Calogero), mentre i tegolai non avevano un santo ma la bandiera con una croce in campo rosso.
La decorazione del pannello era realizzato in manganese per il disegno, che era a sua volta colorato dalle tracce in verde
ramina, azzolo, ocra ecc, (almeno dalle tracce visibili dalle foto d’epoca –anni 80,
90) considerato lo stato avanzato d’usura.
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Particolare della pavimentazione dove sono ancora visibile le tracce dei colori; verde ramina, azzolo, giallo ocra ed il disegno in manganese. |
Senza tema di sminuire la sua organicità, tale pavimentazione poteva considerarsi
una bella antologia di motivi maiolicari della epoca, che rendevano assai vivo il contrasto con la colorazione in manganese
dominante nella maiolica.
Ecco perchè la semplicità della rappresentazione delle
mattonelle, fra l’ornato, nelle bordure o sul
nudo smalto bianco, mi fa
pensare che è stata realizzata dalle locali
maestranze di allora, forse facenti parte di quelle confraternite che avevano la grande
devozione cittadina verso la Sacra Famiglia raccoglieva continuamente in quella chiesa per le funzioni,
per le implorazioni e soprattutto per la folkloristica festa che si celebrava
ogni anno a fine anno, con l’intervento di tutta la cittadinanza
e delle autorità civili e religiose.
Forse le mattonelle del pavimento non sono tutte della stessa epoca, ma vanno,
secondo lo stile riscontrato, dalle immagini fotografiche, dai primi decenni del sec. XVII al principio del
secolo successivo – e quelle più tarde si trovano collocate all’entrata della
cappella -, è da supporre che alcune mattonelle siano state rifatte nella seconda metà del ’700, probabilmente in concomitanza con il rifacimento del prospetto principale.
Anche
altri dati ci inducono a ritenere avvenuta nei primi decenni del ’600 l’esecuzione delle più antiche mattonelle
della chiesetta. Infatti affiorano in
esse motivi decorativi propri delle fabbriche del tempo.
La
caratteristica principale riscontrata è l’uso del manganese su fondo
bianco abbinato all'uso dei colori vede ramina e giallo ocra, azzolo.
La
decorazone rappresenta-va un grande cartiglio, del quale non si può trarre la
forma, all’interno del quale un’aquila con le ali spiegate che con gli artigli
regge un nastro con la presumibile scritta CALATANIXECTA…2… 16
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Particolare del cartigli o dove è visibile la presumibile scritta CALATANIXECTA…2… 16 |
Sul petto lo scudo sannitico con lo
stemma civico del castello a tre torri.
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Scudo sannitico con stemma della città: castello a tre torri |
In basso sembra esserci una colomba.che simboleggia lo Spirito Santo."
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Particolare della pavimentazione con la colomba |
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Il Quadro
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Una pietra (dipinta) che vi
stupirà.
Su marmo o alabastro, le
prove dei pittori che temevano la deperibilità delle tele
Il dipinto su pietra (alcuni dicono alabastro, altri ardesia) dell’ex cappella dedicata alla Sacra Famiglia, oggi è conservato nella chiesa
di S. Spirito, o al Museo diocesano, dopo che “qualche angelo” lo ha
sottratto da una sicura appropriazione indebita (come sembra essere successo al
pavimento!!!???) o a sicuro danneggiamento da parte di vandali.
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Lastra in alabastro con la Sacra Famiglia |
Dipinto che vi stupirà. Questo tipo di opere d' arte era molto diffuso tra
Cinque e Seicento, opere su marmo, ardesia o alabastro, erano le prove dei
pittori che temevano la deperibilità delle tele.
Si tratta
di uno splendido dipinto su alabastro (?), realizzato da ignoto artista sicuramente
databile tra la seconda metà del Cinquecento alla prima metà del Seicento.
Le opere di questo tipo erano dipinte, come detto, su supporto lapideo, più o meno
prezioso: dalla semplice lavagna nera, detta pietra di paragone, al marmo e
all'alabastro ecc.
La pittura
su pietra, nota sin dall'antichità e ripresa a Roma nel Cinquecento, deve la
sua fortuna al concetto d'eternità dell' opera d' arte. Artisti come Sebastiano
del Piombo o Pietro Bembo erano convinti che questa tecnica pittorica, essendo
priva di preparazione e grazie al supporto inalterabile, fosse inattaccabile dai
tarli, dall'umidità, e quindi indistruttibile.
Nelle chiese, e perfino nella
basilica di San Pietro, molte tele furono sostituite da lastre d'ardesia.
Peccato però che l' eternità della pittura fosse in contrasto con l' estrema
fragilità dei supporti,
così, delle numerose grandi opere presenti negli antichi inventari, sono
rimasti solo pochi esemplari.
In questo tipo di opere,
il buio della pietra tende a dare alla scena alta
drammaticità.
Fortunatamente,
in questo campo non esistono quasi falsi, si ha notizie solo di pochissime evidenti contraffazioni.
È invece
difficile trovare pietre intatte e il restauro della pietra spaccata è
purtroppo irrealizzabile: la fenditura balza immediatamente all'occhio. Ormai
le opere di questo tipo sono diventate sempre più rare.
A Caltanissetta abbiamo altre
opere simili tra tutte il quadro della Madonna delle Grazie, che il can. Francesco. Pulci cita a pag .420, nel suo libro"LAVORI SULLA STORIA ECCLESIASTICA DI CALTANISSETTA, pubblicato postumo 1977":
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Quadro della Madonna delle Grazie |
“Un
fatto storico (63) rivestito da circostanze leggendarie dava
origine all’erezione della chiesa e poi convento degli Agostiniani Scalzi o
Eremitani. Avendo nel 1677( deve
intendersi 1617) il rinomato pittore
Pietro Novelli inteso il Monrealese dipinta su lastra d’ardesia l’immagine di
Maria SS. della Grazia per commissione avutane da Caltanissetta, la confidò a
certo Ippolito per portarla fra noi dovendo collocarsi sulla torre de’ Piazzi,
che sorgeva al principio della nostra città nella parte occidentale. L’Ippolito
che era da Piazza, arrivato al luogo destinato, venendo meno all’incarico
decise portarla in Piazza sua patria, ma il mulo provvidenzialmente
ricalcitrando, non volle andare più avanti e comunque battuto stette cadendo
poi a terra. Allora l’Ippolito cercò di salvare l’immagine se non che questa
scivolò dalle sue mani e battendo al suolo si ruppe in sette pezzi. Al fatto
accorse molta gente, la quale visto il bel
quadro spezzato ed il mulo caduto a terra chiese il motivo di tal danno.
L’Ippolito messo alle strette confessò ai maestri Angelo Vasapolli e Marco
Turchio il suo fallo e lasciando l’immagine cavalcò il giumento e proseguì
senza altro il cammino per la sua patria. Si raccolsero allora i pezzi della
lastra e s’incollarono con diligenza su tavola levigata (64) e
mentre il Turchio attendeva l’immagine col vino per togliere ogni residuo di
colla dalle giunture gli sembrò che i capelli del Bambino cominciarono ad
ondeggiare e sventolare come se fossero posti in movimento da un’aura soave.
Ciò vedendo cessò di lavare l’immagine stimandosene indegno.
L’immagine fu collocata in una nicchia
preparata nella vicina roccia. Sparsasi fulmineamente la fama dell’avvenuto
fatto in città fu un accorrere di popolo per ammirare e venerare la Vergine e
la divina Madre in segno che tornava gradito l’ossequio dei figli operò de’
prodigi colla guarigione d’infermi afflitti da varie malattie. Il Segneri ne
enumera alquante ed aggiunge la notizia di una sorgente miracolosa scaturita
ne’ pressi della cappella, la quale per qualche tempo si mutò in sorgente di
olio prodigioso.
Affluirono allora delle vistose elemosine per
le grazie varie che si ottenevano dai fedeli e queste furono così abbondanti da
animare i devoti alla esecuzione d’una chiesa in onore della Madonna della
Grazia. Questa cominciata nel 1620 fu compiuta in pochi anni e la festa fu
stabilita d’allora in poi il giorno 2 luglio”.
Note
63 Questa storia viene tolta dal ms del Segneri e dal Programma documentato della storia di Caltanissetta pubblicato da Falduzza;
64 La rottura come abbiamo osservato personalmente avvenne fortunatamente in basso su quasi un terzo del dipinto.
La patertinà del Novelli (figlio) è comunque dubbia, ma non impossibile, considerato che nel 1617 (data segnata lateralmente a sinistra sulla lastra) il giovane aveva solo 14 anni, essendo nato nel 1603.
In origine il Santuario Madonna della Grazie era posto al di fuori dell’abitato, oggi si trova inglobato nelle fabbriche del convento. Il complesso si affacciava sul vallone detto del Canalicchio dove scorreva il torrente omonimo che era scavalcato da diversi ponti (ricordiamo i più importanti di S. Lucia- oggi davanti la scuola- del Canalicchio poi della Grazia – oggi tratto di v.le Testasecca), oggi interrato e trasformato in cloaca massima.
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Particolare del catastale del 1878 con la chiesa della Grazia, in basso è visibile la fonte pubblica e il torrente del Canalicchio |
Prima lungo la riva e poi sullo slargo davanti la chiesa, a ridosso della strada per Palermo si trovava un abbeveratoio e fonte pubblica che esistette fino alla fine del secolo XIX.
La chiesa, trovandosi in posizione elevata rispetto alla strada è-ra collegata da una monumentale scala in pietra a doppia rampa, purtroppo anche questa demolita e sostituita da un’altra in calcestruzzo che crea un portico sopra l’ingresso del convento (molto probabilmente parte della scala originale sarebbe interrata nel bastione per la strada.
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Particolare della Chiesa della Grazia con lo scalone a doppia rampa |
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Cartolina con la chiesa della Grazia e sottostanti casotti del Mercato all'ingrosso e scala di raccordo con la strada . |
All’interno la chiesa è sovrastata da volta a botte decorata con stucchi. Sull’altare maggiore si conserva il quadro della Madonne delle Grazie all’interno di una raggiera dorata.
Quadro Sdella Madonne delle Grazie entro raggiera dorata. |
Dei dipinti d’ardesia del Novelli, raffiguranti la Madonna delle Grazie conoscevamo l’esistenza di sei copie conservate in chiese di Caltanissetta, Cerami, Sclafani Bagni, Aidone, Licata e Modica, alle quali ora bisogna aggiungere il dipinto della chiesa della Salute di Castelvetrano, che presenta evidentissime affinità stilistiche e formali con le copie già note.
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Particolare dell'interno della cappella con il quadro ancora in sito |
Nella cappella in una nicchia a misura, incavata sulla
parete sopra l’altare era collocata la lastra, che raffigura la
Sacra Famiglia, dove si vedono Maria
seduta col Bambino e san Giuseppe in piedi, col capo canuto e col bastone,con
la tipica barba.
La pittura è molto degradata, e la descrizione si basa su foto d'epoca, non mi risulta che sia stato restaurato.
I tre personaggi si scambiano sguardi in un gioco
studiatissimo di rimandi incrociati, con un tono di pensosa malinconia.
Giuseppe sembra corrucciato mentre guarda il Bambino, così come Maria sembra
presa da una rassegnata premeditazione del destino tragico del figlio. Gesù ha
come un gesto di ritrosia voltandosi verso la madre, che sembra accennare una
carezza con la mano.
Studiatissima ma
estremamente naturale appare la teoria di gesti e sguardi dei protagonisti, che
si concatenano in un insieme chiuso.
Molti dettagli, a
partire dalla fisionomia del Bambino, la sua torsione, e l'acconciatura della
Vergine e altri dettagli stilistici, rimandano al predetto dipinto della Madonna delle Grazie, che come detto deve essere
attributo ad Antonio Pietro Novelli padre, considerato l’anno di realizzazione
1617, il figlio aveva 14 essendo nato il 2 marzo del 1603, confermando una datazione simile tra la fine del XVI e il
primo quarto del XVII sec, 1625 anno della morte.
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La data 1617 nel dipinto della Modonna delle Grazie di Pietro Novelli |
Ancorato agli schemi della
pittura devozionale e controriformistico di fine Cinquecento, entro i canoni
tardo manieristici ampiamente diffusi in Sicilia, Pietro Antonio Novelli,
continuerà, nonostante i veti artistici dettati dal Concilio di Trento, a
ripetere quel modello di Madonna delle Grazie, pervaso da estrema dolcezza e
straordinaria intimità, che servirà da modello, al suo più famoso figlio per
l’altra Madonna delle Grazie, realizzata per la chiesa di San Giovanni Battista
di Castelvetrano, nella quale il Novelli junior ha saputo filtrare
dall’iconografia, tante volte ripetuta dal padre, una struggente bellezza e un
sentimento religioso pervaso di umana pietà.
Questo dipinto, malgrado le trasformazioni, le ridipinture subite nel
corso dei secoli e le ingiurie del tempo, possiamo legittimamente per le
caratteristiche intrinseche attribuire, con grandi margini di sicurezza a Pietro
Antonio Novelli padre, pittore non particolarmente
talentuoso come il figlio, ma artista, mosaicista, indoratore e soprattutto
uomo “acculturato”, come testimonia il lascito testamentario un centinaio
di libri.
Questo dipinto realizzato per questa cappella
che deve essere stato commissionata dall’Università (come allora si chiamava la municipalità) considerato
che nel pavimento si trova-va l’aquila
con lo stemma civico, è questo è consentito solo al detentore proprietario,
nella quale lo sconosciuto pittore ha saputo filtrare dall’iconografia,
tante volte ripetuta dal Novelli, una struggente bellezza e un sentimento
religioso pervaso di umana pietà.
L'artista ideò la scena sacra impostandola secondo i nuovi schemi
iconografici dettati dall’arte classica,
seguendo il gusto vigente nella scuola pittorica siciliana dell’epoca,
infondendo nei personaggi un aspetto misto e amalgamato di aulico misticismo e
profonda umanità.
L’artista dipinse tre personaggi disponendoli sulla lastra in
maniera composta ed equilibrata, nonostante le dimensioni ridotte della
superficie.
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L'immagine della Sacra Famiglia |
Fulcro della
composizione è il Bambino Gesù, adagiato sulle ginocchia della
Madre. La sua nudità raffigura l’intera rivelazione di Dio fatto uomo, in cui
tutti i misteri di Dio vengono svelati e resi percepibili anche alla fragile
umana natura. Il dipinto vela una leggera malinconia nel volto del Divin
Pargolo, che volge teneramente lo sguardo verso la Madonna. Essa, avvolta da un manto blu a
figurare la sua umanità rivestita dalla divinità, è seduta con la testa leggermente inclinata, tiene stretto a se il
Bambino dolcemente con la mano destra e quasi trattiene invece con la sinistra il
braccio destro, come a voler proteggere il frutto del suo seno dal destino a
cui sarà soggetto e al quale anche Lei parteciperà. Con il volto sereno e
rassicurante, guarda amorevolmente il Figlio.
Accanto, ma
sembra scostato da essi, come a sottolineare la completa estraneità al
concepimento di Gesù, la possente figura del Patriarca San Giuseppe, che
contempla ammirato la bellezza della Sposa, mirando in Lei i misteri degli
Inizi della Redenzione Divina a cui anche lui è stato reso partecipe. Il
Custode del Redentore sembra quasi pronto ad inginocchiarsi di fronte al
mistero di Dio fatto uomo. Il leggero isolamento della sua figura, rimanda alla
sua evangelica muta obbedienza alla volontà di Dio, dettata dalla Giustizia del
suo animo. L’ampio manto ocra si avviluppa sulla veste chiara. Tali colori
rappresentano la duplice natura di Cristo, Dio e uomo, e l’arduo compito di
Giuseppe in quanto custode di Dio fatto uomo e della sua Madre. Giuseppe In
posizione arretrata con la mano sinistra regge il bastone, simbolo iconografico
di predilezione all’ufficio di Sposo di Maria. Il volto sebbene con lineamenti giovanili, esprime serenità e maturità.
L'espressione di Giuseppe è turbata. Questa sua ansia, viene alleviata dal Bambino che lo rassicura donandogli un sorriso. Gesù conscio della presenza di Dio, non ha paura né teme alcun male. Anche Maria, pervasa da serenità, stringe a se il Figlio come avesse il presagio della sua partecipazione al Venerdì Santo sul Golgota e con questo atto d’amore è come se Lo volesse sottrarre a quel supplizio che dovrà subire.
La sua nudità raffigura l'intera rivelazione di Dio fatto uomo, in cui tutti i misteri del Padre vengono svelati e resi percepibili anche alla fragilità della natura umana, riluttante, che preferirà rimanere nelle tenebre dimostrate dall'oscurità che impera nello sfondo del dipinto. Le aureole dorate sono come uno spiraglio di luce, che sovrasta anche Maria portatrice della Grazia e strumento di Dio per farsi carne. È bello notare nel Bambino la simbologia del Dio-Uomo, infatti, da un lato notiamo la sua umanità nel fatto che Maria lo regge con la sua mano, e dall'altro lato la sua divinità a motivo del suo braccio destro, che si aggrappa al velo della Madre, quasi benedicente.
A sinistra, in primo piano si vede la Vergine Maria avvolta in un manto blu, simbolo della sua divinità, e da una veste rossa, metafora della sua santità. La vergine Maria regge il Figlio sulle sue ginocchia avvolto da un telo bianco. ed accanto a lei è raffigurato San Giuseppe. L’artista ha voluto indicare che il potere viene solo ed unicamente da Dio, che pur essendo invisibile, è divenuto presente nel mondo attraverso suo Figlio nonostante le tenebre del peccato.
La luce nel dipinto e come se "piovesse" dall'alto ed illumina i personaggi, per consacrare la funzione della famiglia cristiana, prima chiesa
domestica.
Sebbene di fattura meno nobile le anologie sono sorprendenti:
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Particolare del volto della Madonna delle Grazie |
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Particolare del volto della Madonna delle Sacra Famiglia |
Confrontando i volti della Madonna dell’immagine
di quello della Grazia (che sappiamo essere del 1617, data scritta sulla lastra
lateralmente a sinistra) e quello della Sacra famiglia, sono visibili diverse similitudini, direi sovrapponibili, per
cui è pensabile, sen proprio lo stesso autore, qualcuno che ha copiato.
La stessa inclinazione del volto verso dx,
sebbene la madonna nella sacra famiglia sia girata verso sx; i capelli divisi e
raccolti vero dietro, lasciando libero l’orecchio; il velo sopra la testa con
le stesse pieghe; il taglio del naso e degli occhi
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Particolare della mano destra della Madonna delle Grazie |
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Particolare della mano destra della Madonna delle Sacra Famiglia |
La mano della Madre che
tiene il Bambino, con la identica “deformazione di posa”;
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Particolare del volto della Madonna delle Sacra Famiglia |
la mano sinistra della Madonna con la stessa posa;
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La mano dx del Bambino che si aggrappa al velo
del vestito della Madre,
nel quadro della Madonna delle Grazie
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Particolare della mano dx del Bambino che s strattona il
velo della Madonna, nella Sacra Famiglia |
La mano dx del Bambino che si aggrappa al velo
del vestito della Madre, così il Bambino della Sacra Famiglia, strattona il
velo della Madonna, anche i volti e i ricci dei capelli sono simili.